Ifigonia

ATTO I

SCENA: Sala del Trono.Le porte sono spalancate per dare accesso al popolo... Entra il Gran Cerimoniere.


GRAN CERIMONIERE
Popol bruto, su snuda il banano,
non vedi che giunge l'amato sovrano?
E' il sir di Corinto dal nobile augello
qual mai fu visto più duro e più bello;
il sir di Corinto dall'agile pene
terrore e ruina del fragile imene;
il sir di Corinto dal cazzo peloso
del cul rubicondo ognora goloso.

POPOLO
Noi siam felici, noi siam contenti,
le chiappe del culo porgiam riverenti.
Al nostro gentile ed amato sovrano
sia dono gradito il buco dell'ano.
(Entra il re seguito dalla Corte)

RE
La gioia che mi doni, o popolo, è si grande
che più l'uccello regio non sta nelle mutande;
per mio real decreto da stamattina
distribuite ai poveri gratis la vaselina.
Voglio sian compensati i sudditi fedeli:
In cul pigliatel pure, ma state attenti ai peli.
(Segni di manifesta gioia)

GRAN CERIMONIERE
Ed ora fuori tutti dai coglioni
per lasciar posto ai principi e baroni.

(Il popolo fa largo ed entrano i nobili che si dispongono ai lati del trono, Ifigonia entra, seguita dalle vergini, e si butta piangente ai piedi del trono)

CORO DELLE VERGINI

Noi siamo le vergini dai candidi manti,
siam rotte di dietro ma sane davanti;
i nostri ditini son tutti escoriati
a furia di cazzi che abbiamo menati.
Nell'arte sovrana di fare i pompini
battiamo le troie di tutti i casini;
la lingua sapiente e l'agile mano
dan gioia e sollievo al duro banano.

IFIGONIA
Padre mio, padre mio, sono presa dal desio
ho già un dito che fa male per l'abuso del ditale,
ho la fica che mi tira come corda di una lira,
sto soffrendo atroci pene pel prurito dell'imene,
nella fica mi son messa la manopola del cesso,
mi ficcai nella vagina la più grossa colubrina,
mi son messa dentro il buso sino il cero di Caruso;
padre mio, sì forte e bello, ho bisogno di un uccello,
di un uccel di nobil schiatta che mi sbatta la ciabatta,
di una fava grossa e dura che mi spelli la natura.
Padre mio se non mi sposo, finirò nel water closo.

RE
Giuste son le tue brame, o figlia beneamata,
se non ti fossi padre t'avrei già chiavata;
alla regal consorte, tua madre, la regina,
ne ho fatte diciassette soltanto stamattina.
E debbo alle mie brame io stesso porre freno,
se no ogni tre minuti il bandolo mi meno.
Or sento già un prurito nel fondo dei coglioni
vedendo tanti culi di principi e baroni.

POPOLO
Noi siam felici, noi siam contenti,
si rizzino i cazzi tuttora pendenti,
la cara Ifigonia, soave e pudica,
già sente prurito ne l'inclita fica;
che Giove possente, che Venere bella
le facciano dono di tale cappella
che il culo le rompa, le rompa l'imene
e in fine la tolga da tutte le pene.
Sia pago il desio della vergine cara
meniamoci il cazzo in nobile gara.
(Tutti eseguono)

IFIGONIA
Quanta fava, quanta fava, ma perchè nessun mi chiava?
Su ficcatemi l'uccello nella fica o nel budello;
nella fica o nel sedere ve lo chiedo per piacere.
Deh! Non fatemi soffrire, ve lo chiedo per tre lire.

RE
Udendo queste ataviche, oneste aspirazioni
d'orgoglio mi ribolle lo sperma nei coglioni,
con animo commosso vedo dai bianchi veli
spuntare lunghe e nere le punte dei tuoi peli.
Il sacerdote venga, si appresti al sacrificio
Enter òClisma tosto ne tragga lieto auspicio.

GRAN CERIMONIERE
S'avanzi Enter O'Clisma, il sacerdote,
dal culo più vezzoso delle gote.
(Entra il sacerdote)

GRAN SACERDOTE
Al sire di Corinto, signore degli Achei,
auguro cazzi in culo non men di centosei

RE
Al gran sacerdote d'ogni rispetto degno,
si doni come omaggio un bel cazzo di legno

GRAN SACERDOTE
Il tuo omaggio, o sire, mi rende il cuore gaio
però l'avrei più caro di ben temprato acciaio.

POPOLO
Noi siam felici, noi siam contenti,
prendiamo l'uccello ben stretto fra i denti;
al gran sacerdote quel cazzo d'acciaio
il culo riduca sì come un mortaio.

GRAN SACERDOTE
Son corso immantinente alla regal chiamata
lasciando così a mezzo la settima chiavata.
Son però sicuro, se il ciel non me lo nega,
che mi compenserete con una bella sega.
Esprimi i tuoi voleri, o sire venerando,
in fretta, te ne prego, non vedi come bando?

RE
Alla mia figlia amata, la pallida Ifigonia,
da qualche tempo prude la lucida begonia.
Oh sacerdote eccelso, chiuditi in sacrestia,
prendi l'uccello in mano e fanne profezia.

GRAN SACERDOTE
Immantinente eseguo i tuoi voleri o re!
nel regal cul t'auguro cazzi novantatre.

IFIGONIA
Santo Dio, santo Dio, questa volta l'avrò anch'io!
Sospirando quel bel lino, voglio farmi un ditalino,
ve lo chiedo con permesso, vò a tirarmelo nel cesso.
(Fa per avviarsi)

RE (trattenendola)
Rimanti, o sconsigliata; il padre tuo diletto
innanzi al popol tutto ti gratterà il grilletto,
mentre il cerimoniere, memore del mio impegno,
m'inculerà di dietro col suo cazzo di legno.
Se con le bianche mani mi tieni su i coglioni
vedrai nella mezz'ora quaranta polluzioni.

POPOLO
Noi siam felici, noi siam contenti,
il re ce l'ha duro in tutti i momenti;
seguiamo l'esempio del caro sovrano,
facciamoci forza, pigliamolo in mano!

GRAN SACERDOTE (entrando)
Nel filtro del futuro apersi uno spiraglio,
mettendomi nel culo un mezzo spicchio d'aglio.

RE
I detti tuoi sapienti son rapidi e fatali
come fuor dall'ano i nodi emorroidali.

GRAN SACERDOTE
Seguendo il tuo consiglio, o re buono e sapiente,
misi l'uccello duro sopra un bracere ardente,
lessai il coglion sinistro, ne bevvi poscia il brodo,
grande e divino auspicio traendone in tal modo:
tra i principi di sangue dal ben tornito uccello
bandito sia il concorso con un indovinello;
che in fica di Ifigonia non si vada,
se pria non verrà sciolta almeno una sciarada!
(Cala rapida la tela sul primo atto)